Deponiamo le armi tra i popoli e tra le persone.
“Ci sono cose per le quali sono disposto a morire, ma nessuna per la quale sono disposto ad uccidere.” Queste parole non sono mie, ma di una delle grandi anime che nel ‘900 ha indicato una terza via, quella della pace e della nonviolenza: sono le parole del mahatma Gandhi.
Mai come adesso servono parole come queste per cercare una direzione per noi nelle nostre vite e per indicare una strada ai nostri governi.
Da due anni siamo divisi in due fronti contrapposti aggressivi l’uno contro l’altro. Su ogni tema ed ogni argomento abbiamo accettato il linguaggio della divisione e del conflitto. Viviamo in un clima di guerra che è stato alimentato nel nostro immaginario anche dai provvedimenti estremi e di stampo militare adottati per contrastare la pandemia.
Oggi ancora una volta vediamo due fronti contrapposti: una parte si schiera con Putin, l’altra parte si schiera con Biden, l’oriente contro l’occidente. Una contrapposizione che non esiste nella sostanza delle cose, ma solo nella mente e nelle parole di chi ci governa, mentre è lontana, molto lontana, dal sentire dei popoli.
A questo punto si pone una domanda: per difendere le nostre idee siamo disposti ad uccidere? Vogliamo usare il potere che viene dalla paura o piuttosto quello che viene dagli atti di amore? Amore è oggi una parola fin troppo dimenticata. Ma senza amore non esiste ragione di vita.
Siete voi disposti a uccidere per le vostre idee, o siete disposti a morire per le stesse?
Ciascuno di noi ha la propria risposta nel suo cuore. E dalla risposta che troveremo ed a cui vorremo dare voce nascerà il mondo di domani. Oggi stiamo già costruendo quel mondo e le immagini che vedo non mi piacciono affatto.
Oggi la via della guerra ci viene prospettata come l’unica strada possibile.
Nei mondiali di calcio del 1998 Iran e Usa si incrociarono in una partita eliminatoria. Tra i governi vi era grande tensione. Le squadre furono mandate in campo per rappresentare le ragioni dell’una e dell’altra parte.
I giocatori scelsero la terza via, si tirarono fuori dal conflitto dei rispettivi governi, scambiandosi fiori e posando in una foto comune che ha fatto la storia non solo del calcio.
Lo sport, come deve esserlo anche l’arte, fu una grande occasione di pace invece che di conflitto.
Io credo che ciascuno di noi sappia che l’altra via è sempre aperta: è solo necessaria la giusta umiltà per intraprenderla.
Deponiamo le armi, tra i popoli e tra le persone.
Torniamo a dialogare, confrontarci e rispettarci oltre le nostre idee e convinzioni. Lo dobbiamo a noi stessi, prima ancora che ai nostri figli ed alle generazioni future.