L’Unione Europea intende varare in gran fretta un “portafoglio europeo per l’identità digitale”
L’Unione Europea intende varare in gran fretta un “portafoglio europeo per l’identità digitale”. Il primo passaggio è stato, come per il “green pass”, la presentazione della proposta di regolamento da parte della Commissione Europea al Parlamento Europeo. Tale proposta è stata presentata e discussa nella commissione parlamentare competente, la ITRE (industria, ricerca ed energia). La discussione è avvenuta in presenza di cinque esperti e di diversi parlamentari membri della commissione (tra cui la sottoscritta).
Cos’è il portafoglio europeo per l’identità digitale?
Secondo la proposta della CE, si presenta come uno strumento teso a digitalizzare ogni dato e documento rilevante per la vita ed il lavoro dei cittadini. In pratica, si tratta di una applicazione digitale (da installare probabilmente sui propri cellulari o in un microchip a ciò adibito) che raccolga tutti i dati personali del soggetto, da quelli anagrafici e sanitari, a quelli fiscali e contributivi, ma anche bancari e catastali per gli immobili di proprietà. Tali dati verrebbero in tal modo resi accessibili, su volontà del titolare, ai fornitori di servizi pubblici e privati, per fruire degli stessi, con un semplice clic.
L’obiettivo dichiarato è quello della semplificazione amministrativa e della protezione dei dati personali, in quanto si assume che il titolare ne manterrebbe “il pieno controllo”.
Ma, come immediatamente segnalato dagli esperti intervenuti in ITRE, sorgono enormi dubbi sul corretto funzionamento di questi dispositivi, sull’utilizzo che poi ne verrà fatto a seguito delle scelte politiche future dei governi e sui rischi per la sicurezza dei dati stessi. Innanzitutto è velleitario immaginare che l’utente possa avere il “pieno controllo” dei propri dati: sarà necessario infatti consentire l’accesso ai dati personali per accedere ai servizi online (pertanto, chi decidesse di non condividerli rimarrebbe tagliato fuori).
Sarebbe consequenziale la discriminazione di chi non possiede o non intende utilizzare lo strumento, poiché costui verrebbe escluso dal godimento dei servizi e quindi penalizzato nell’esercizio dei propri diritti fondamentali. Le prove generali le stiamo vedendo con il green pass vaccinale, oggi divenuto strumento utilizzato per concedere o negare la partecipazione alla vita sociale e l’esercizio delle libertà individuali a chi non lo esibisce o non è in regola con gli obblighi sanitari. Immaginate cosa potrebbe accadere se lo status vaccinale fosse solo uno dei tanti dati che ci riguardano contenuti in un certificato digitale inter-operabile, cioè accessibile da tutte le istituzioni (inclusa la procura della Repubblica) e i privati fornitori di servizi. Il prossimo governo potrebbe usare tale dispositivo per impedirci l’accesso ad un servizio essenziale, al nostro conto in banca, o la libera circolazione se – ad esempio- non avremo ottemperato ad un obbligo sanitario o ambientale, o se avremo il conto in rosso, un’ irregolarità nella nostra dichiarazione dei redditi o una multa non pagata.
Restano dunque aperte e non risolvibili le questioni sull’assenza di tutela per i possibili abusi nell’utilizzo dello strumento, ma anche sulla sicurezza cibernetica dei dati accessibili online. Anche sotto questo aspetto il green pass vaccinale è un precedente: i dati sanitari di migliaia di cittadini sono stati immagazzinati o rubati e pubblicati online, diventando pura merce in vendita.
Fra le altre cose, mi preoccupa molto la fretta con cui si intende introdurre questo strumento, considerando che la sua implementazione è prevista già per il prossimo anno.
Questo “portafoglio digitale” risulta quindi molto pericoloso in assenza di un quadro normativo chiaro ed ineludibile che stabilisca a monte i limiti al suo utilizzo, vietando e sanzionando adeguatamente ogni possibile abuso o uso non corretto.
Per questa ragione, nel mio intervento in Commissione ITRE ho detto chiaramente che non siamo pronti per questa innovazione e che, prima di introdurla, serve elaborare ed approvare un regolamento che stabilisca la proprietà individuale privata dei dati e predisponga in maniera vincolante per tutti gli Stati membri le adeguate cautele e garanzie per proteggere i cittadini da ogni possibile abuso o discriminazione.
In particolare, andranno predisposte specifiche tutele contro i seguenti rischi:
– abuso di posizione dominante;
– furti di identità;
– discriminazione;
– dipendenza digitale.
Diversamente, la fiducia dei cittadini nei confronti di tale strumento verrebbe meno e la conseguente perdita di credibilità delle istituzioni europee potrebbe essere irreversibile.
Mi auguro che nelle prossime fasi dell’iter legislativo tutti i membri della commissione ITRE siano attenti e liberi nel giudizio e concordino sull’opportunità di rigettare questa proposta.
Il mio intervento in commissione: